La S.O.S.A.T. è nata il 7 gennaio 1921. L’assemblea costituente si tenne nella sede della SAT, che allora era in Via San Pietro, dalle 20.30 alle 23. A questa assemblea erano presenti 47 persone: 38 furono soci della nascente “Sezione Operaia”, 6 membri del Comitato – capeggiati da Nino Peterlongo – che promosse tutti i contatti necessari per far parte della SAT come Sezione indipendente; Guido Larcher, allora presidente della SAT, il segretario della SAT dott. Bonfanti e Vittorio Stenico responsabile del Soccorso Alpino che già allora nel Trentino funzionava perfettamente. Non fu semplice entrare nella SAT come Sezione autonoma, ma c’era proprio l’esempio della SAT, che solo un anno prima era entrata a far parte del CAI come Sezione autonoma e con diritto di mantenere la propria denominazione, il proprio stemma ed anche il motivo “Excelsior”.
Da più di un anno Nino Peterlongo, che a Trento nel 1919 aveva fondato una Sezione dell’UOEI/Unione Operaia Escursionisti Italiani, era entrato in contatto con la SAT per trovare un modo di “dare una casa comune” a tutti gli alpinisti trentini. Non dipendeva solo dalla SAT, che era largamente consenziente, ma anche e soprattutto dal CAI, che lo era meno. L’autorizzazione a creare in seno al CAI la prima Sezione della SAT, cioè la Sosat, doveva essere votata a maggioranza al congresso CAI di Torino del 1920. Contavano, ovviamente i voti dei congressisti e da Trento partirono numerosi delegati che furono determinanti per il consenso. Essere la prima Sezione della SAT, e quindi la prima sub-Sezione del CAI, comportava grandi responsabilità che non sfuggivano a Nino Peterlongo e ad Emilio Parolai e gli altri del Comitato promotore. Il merito della Sosat è stato di aver portato l’escursionismo operaio di montagna nelle sacre ed allora inviolate istituzioni dell’alpinismo nazionale, ricordando in tal modo alla gente che la montagna era un patrimonio di tutti e che tutti avevano il diritto di identificarsi nell’unica istituzione che era in Italia il CAI e qui da noi la SAT, Sezione del CAI.
La pianticella della nuova società che avrebbe rivoluzionato in breve il concetto di alpinismo era stata messa a dimora – lo abbiamo visto – nell’ottobre del 1920. Custodi di questo trapianto furono sei persone: Nino Peterlongo, Giovanni Zanolli, Emilio Parolari, Aldo Zomer, Natale Merz e Francesco Pasini. La filosofia di base della Sosat, però fu tutta di Nino Peterlongo, proletario umanista, non operaio, ma amante della gente, innamorato del popolo nel quale vedeva valori universali non tutti presenti nell’alta società. E quindi l’assemblea del 21 gennaio 1921, alla SAT, con il primo direttivo formato da Nino Peterlongo, presidente; da Giovanni Zanolli, direttore sportivo; e dai soci Emilio Parolari, Aldo Zomer, Francesco Pasini ed Ettore Germani. Fu l’inizio di un’ epopea che dura ancora e della quale vediamo ora alcune tappe. Fin dalle origini la Sosat aveva organizzato per i propri soci un nuovo tipo di escursione in montagna, non solo camminate su percorsi splendidi alla scoperta dei monti trentini, ma escursioni con un occhio alla cultura, sulla storia della montagna che si visitava, con lezioni sul paesaggio e la necessità di tutelarlo, sulla flora, sulla fauna.
Fu la Sosat ad organizzare le prime escursioni micologiche nel 1925, e a stampare più tardi un manifesto, che diverrà famoso, sulla difesa della flora. Con la Sosat sono cresciute alcune generazioni di uomini che hanno capito che la montagna è da vivere e non solo da conquistare. Molto è stato fatto, ma rimane ancora molto da fare, per lo più contro chi della montagna vede solo l’aspetto speculativo o chi la considera un luna park da percorrere sempre e solo in automobile, anche sulle strade alle quali l’accesso sarebbe vietato per legge.
Ecco quindi, attuale, il monito di Guido Rey, il grande amico di Nino Peterlongo, scomparso nel 1934. Un anno prima, dalla sua Breuil in vista del Cervino, a Nino aveva scritto: “....Scenderò fra breve alla città od al mare, in cerca di ciò che qui non trovai più. Intanto qui mi fanno scempio del poetico paesaggio e della vita di pace, L’anno venturo saliranno le macchine, E l’uomo, l’alpinista vero, se ne andrà altrove. Dicono che questa sia civiltà…“. Meditiamo sulle sue parole, quando sentiamo parlare di strade o di asfalti in montagna.
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